
Finalmente ho finito di leggere "Le città invisibili". Non dico "finalmente" perchè non mi sia piaciuto, ma semplicemente perché leggerlo è stato un parto, forse non è stato il libro adatto nel momento adatto.
Ho già pubblicato la mia micro-recensione sul sito di Anobii, ma mi sono praticamente sprecata!
La allego anche qua, per quanto riduttiva e per niente esaustiva!
"L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio."
Come ha scritto anche Pasolini in un suo commento all'opera, Calvino non inventa nulla, tanto per inventare: semplicemente si concentra su un’impressione reale - uno dei tanti choc intollerabili, che meriggi o crepuscoli, mezze stagioni o canicole, ci causano negli angoli più impensati o più famigliari delle città note o ignote in cui viviamo - e, pur sentendolo in tutta la qualità struggente di sogno, lo analizza: i pezzi separati, smontati, di tale analisi, vengono riproiettati nel vuoto e nel silenzio cosmico in cui la fantasia ricostruisce, appunto, i sogni.
Non amo molto Calvino come autore, però qualcosa di questo libro mi ha incuriosito. Quando avrò finito la mole di romanzi che si trovano sul mio comodino, ci farò un pensierino!:)
RispondiElimina"forse non è stato il libro adatto nel momento adatto."
RispondiEliminacome si dice?
"mai frase fu più adatta..." :-)