"Ero innamorata dell'amore, e ho fatto di tutto per sapere che cosa sia,ma a quanto pare la natura mi ha negato un cuore capace di amare, di soffrire pene d'amore. Più in là di un basso piacere io non posso andare..." (Stendhal, "La certosa di Parma")

domenica 29 aprile 2012

Primi spunti per il mio... percorso disciplinare!

Come qualcuno mi ha fatto notare mi ero letteralmente bloccata al "moment" della canzone!
Per quanto bella è meglio cambiare canale e farvi sapere che innanzitutto sono ancora qui in mezzo a voi, non pienamente in forma, ma presente all'appello!
Gli esami sono sempre più alle porte e ancora a parte il "macrotema" non ho idea di nulla in merito alla tesina!! Insomma dovrei trovare, anzi DEVO trovare, un po' di tempo da dedicare!
Che poi mi sembra solo una perdita di tempo francamente parlando: la mia prof interna neanche ci tiene molto a quello che lei chiama "percorso multidisciplinare", perché, se non lo sapeste già, il termina "tesina" è a dir poco obsoleto! (Cito testuali parole della mia prof!)
L'argomento che ho scelto è il disagio della civiltà partendo dall'omonimo saggio di Freud, per poi servirmi di Pirandello e del cinema (inserendo l'articolo "Quel che Martin Scorsese deve a Pirandello") per parlare degli effetti che la "società malata" ha sull'uomo, quindi da un punto di vista, diciamo così, più introspettivo. A quel punto introdurrei Giovenale, poeta latino famoso per la cosiddetta "indignatio" nelle sue satire, nelle quali critica la società in cui vive, per poi tornare all'introspezione con Joyce o Virginia Woolf in inglese, ancora da definire ovviamente.
Le idee sono già abbastanza chiare, però avrei proprio bisogno di metterle in "pratica"! Spero di produrre qualcosa di decente entro il 15 maggio e di non ridurmi all'ultimo minuto con le mani in testa per la confusione!
Ora mi aspettano 3, stupendi giorni di vacanza, accompagnati da un bel po' di studio da portare avanti per evitare di fare qualsiasi cosa il 2 maggio, anniversario della mia nascita. Mi rifiuto altamente di studiare per il mio compleanno, anche se potrebbe tranquillamente accadere!!
Penso che quel giorno non farò niente, a parte, spero, oziare. Non mi va di festeggiare quest'anno...

Buone "vacanze"!



mercoledì 18 aprile 2012

Bilancio di metà settimana

Ormai sono più frequenti i giorni in cui non scrivo piuttosto che quelli in cui riesco a farlo. Penso che sia normale dati gli impegni della vita quotidiana, tuttavia, ogni qual volta non riesco a scrivere o  comunque a leggere qual cosa, ciò mi rende molto triste, perchè sento questo posto come il mio "cantuccio", dove rifugiarmi e riposarmi anche un po'.
Il compito di fisica di sabato credo che sia andato bene, così come quello di matematica che ho fatto il lunedì. Martedì ho dovuto sostenere la mia penultima interrogazione di fisica (la terzultima se considero anche quella degli esami) e di quella posso dire con assoluta certezza che è andata bene! 
Il mercoledì è sempre un giorno abbastanza tranquillo, ma, per motivi sempre diversi, non riesco mai ad avvantaggiarmi per i restanti giorni della settimana e viverli con meno stress. Fortunatamente alla fine del mio "impegno del giovedì" manca poco, solo due, al massimo tre settimane... Non vedo l'ora che finisca! E al termine di ciò, cioè in breve di un corso di preparazione e di selezione ad un certamen che si terrà a Viterbo a maggio, forse potrei anche essere io stessa a passare la selezione. Siamo 8 che possono partecipare a questa selezione interna in tutto l'istituto, solo due passeranno. Chissà...

Chiusa la parentesi sui miei noiosi affari quotidiani, colgo l'occasione di ringraziare Chica di This is the life per avermi nominato per i "compiti" e per avermi assegnato il premio "I love your blog"!

Per quel che riguarda i "compiti", devo scrivere 10 cose che mi piacciono... praticamente un'impresa!

1- In quest'ultimo periodo ho scoperto che mi piace, o meglio mi piacerebbe, dormire! Il riposo è davvero importante e ogni giorno anelo a dormire il più possibile, perché altrimenti mi riduco a fine giornata alla stregua dei moribondi!
2- Oggi ho scoperto che mi piace la pasta integrale! Non l'avevo mai assaggiata prima eppure posso dire che è davvero buona.
3- Sono una fan della psicoanalisi e, nel poco tempo libero, mi documento in merito per capirne di più. Ho già iniziato con Freud, per ora sto leggendo un libro dal punto di vista di Jung di cui spero di parlarvi al più presto, devo solo trovare il tempo per finirlo!
4- Il mio cibo salato preferito è la pizza: sono (quasi) sicura che se la mangiassi tutti i giorni non mi stancherei mai... d'altronde non è un piatto completo???
5- Mi piace avere un blog e soprattutto pensare al fatto che sono circondata da altri blogger (e non) meravigliosi!
6- Mi piacerebbe fare uno di quei viaggi per approfondire ancora meglio lo studio della lingua inglese.
7- Mi piacerebbe conoscere e parlare in maniera fluida oltre che l'inglese, che fortunatamente so in maniera discreta, il francese, di cui ho solo qualche rudimento, lo spagnolo, il tedesco e una lingua orientale come l'arabo o il cinese.
8- Torno al modo indicativo perché il condizionale non è indicato dai "compiti": mi piace passeggiare all'aria aperta.
9- Mi piace guardare la televisione, ma in realtà ne guardo davvero poca.
10- Mi piace finire i compiti scolastici prima di sera perché odio studiare dopo cena.


Andiamo al secondo premio, per il quale, fortunatamente, mi devo solo sottoporre a un brevissimo questionario! 

1. Qual è la tua rivista di moda preferita? Mi piace sfogliarle quando mi capita di trovarle, ma non ne leggo solitamente.
2. Chi è il tuo cantante/band preferito? La mia band preferita sono i Queen.
3.Qual è la tua youtube guru preferita? Sicuramente Clio Make up
4.Qual è il tuo prodotto make up preferito? Matite per gli occhi e mascara.
5. Dove ti piacerebbe vivere? A New York o a Barcellona.
6.Qual è il tuo film preferito? Moulin Rouge è il primo che mi viene in mente!
7. Quante paia di scarpe possiedi? Tantissime, anche se la mia "collezione estiva" è più fornita di quella invernale!
8.Qual è il tuo colore preferito? Turchese.


Per pigrizia decido di non passare il premio a nessuno in particolare, ma di estenderlo a tutti quelli che hanno il piacere di passare da qui! :)

venerdì 13 aprile 2012

30 giorni di musica!

Finalmente ho trovato il tempo per scrivere! Da quando sono finite le vacanze non ho avuto un attimo di respiro! Spero che abbiate trascorso bene questi giorni di "vacanza", io non li ho proprio visti, sono letteralmente volati! 
Purtroppo causa compito di fisica che devo affrontare domani non ho proprio il tempo di scrivere qualcosa di sana pianta, perciò allego questa "nota", scritta durante i giorni di vacanza!








Non so se vi ricordate 30 giorni di libri. Oggi vi propongo un gioco simile, che riguarda la musica! Mi piace rispondere a questi quiz così vi rendo partecipi dei miei gusti e magari troviamo delle affinità musicali fino ad ora tenute nascoste. Buona lettura!

Giorno 1 - la tua canzone preferita
Iniziamo subito con una domanda difficile... A bruciapelo rispondo alla prima che ho pensato: "Your song" nella versione di Moulin Rouge. Nulla da togliere al mitico Elton John ovviamente!
Giorno 2 - la tua seconda canzone preferita
"Somebody to love", Queen.
Giorno 3 - una canzone che ti rende allegro
"If we ever meet again", Katy Perry feat. Timbaland... non sarà proprio vero, ma non ne trovavo una che mi rende davvero allegra!
Giorno 4 - una canzone che ti commuove
"Il regalo più grande", Tiziano Ferro.
Giorno 5 - una canzone che ti ricorda qualcuno
"You're beautiful", James Blunt.
Giorno 6 - una canzone che ti ricorda un posto
"Stereo Hearts", Gym Class Heroes feat. Adam Levine... mi ricorda la mia macchina: quando guido al ritorno metto in modo sempre con questa canzone!
Giorno 7 - una canzone che ti ricorda un momento particolare
"Estate", dei Negramaro.
Giorno 8 - una canzone di cui conosci tutte le parole
Sono tante... sono una radiolina portatile io! Adoro cantare e ho una buona memoria quindi è difficile che avvenga il contrario, cioè che io non conosca le parole! Comunque tutte e 7 le canzoni che ho scritto sopra le conosco a memoria nota per nota! 


Giorno 9 - una canzone che ti fa ballare
Mi viene in mente "Give me everything tonight", Pitbull feat. Neyo. E' un po' vecchiotta ma mi piace davvero molto!
Giorno 10 - una canzone che ti aiuta a dormire
Ahahah la ninna nanna! XD
Giorno 11 - una canzone della tua band preferita
Premetto che il mio gruppo preferito in assoluto sono i Queen, che già ho nominato prima, e se dovessi rispondere dicendovi una loro canzone direi senza ombra di dubbio "Bohemian Rhapsody". Però voglio sottolineare anche un altro gruppo che ho scoperto relativamente da poco, i Breaking Benjamin, e la mia loro canzone preferita è "Dance with the devil".
Giorno 12 - una canzone della band che odi
Le canzoni dei Modà, la notte ad esempio (ammesso che si intitoli così). Mi sanno di isterici! Già mi basto io come isterica, attorno a me voglio gente più serena, cantanti compresi!
Giorno 13 - una canzone che hai conosciuto da poco
"How you remind me", dei Nickleback. Cito questa perchè l'ho scoperta e scaricata circa due minuti fa! 


Giorno 14 - una canzone che nessuno si aspetta possa piacerti
Forse "I don't wan't to miss a thing", degli Aerosmith. Mi è successo questa mattina con una mia amica che, dato la mia faccia "angelica" (a quanto dicono gli altri!), mi vedeva da canzoni pop, a me la musica piace tutta, dalla classica all'hard rock!!

Giorno 15 - una canzone che ti descrive

Anche qui faccio una premessa: a me Gigi d'Alessio non piace proprio! Lo trovo un discreto scrittore di testi, ma il suo timbro e la sua cadenza "neomelodica" non mi piacciono affatto! Però ho apprezzato la canzone cantata da lui e da Loredana Bertè a Sanremo, "Respirare", e devo dire che la parte della Bertè l'ho sentita abbastanza vicina alla me attuale!

Giorno 16 - una canzone che amavi e che ora odi

Non me ne vengono in mente.. Sono sempre abbastanza coerente!

Giorno 17 - una canzone che vorresti dedicare a qualcuno
"You found me", The Fray, ma non lo dico a chi!

Giorno 18 - una canzone che vorresti ascoltare alla radio

"Turning Tables", Adele.


Giorno 19 - una canzone dal tuo album preferito
"Everything", Michael Bublè.

Giorno 20 - una canzone che ascolti quando sei arrabbiato
So che potrà sembrare strano ai più, ma "The numbere of the beast" degli Iron Maiden è perfetta in quei momenti!

Giorno 21 - una canzone che ascolti quando sei felice

"Don't stop believin'", Glee cast.

Giorno 22 - una canzone che ascolti quando sei triste

"Back to life", Giovanni Allevi. Già solo sentendola mi sento meglio!

Giorno 23 - una canzone che vorresti al tuo matrimonio

"The power of love", Celine Dion. Una tra le più belle canzoni d'amore in assoluto!

Giorno 24 - una canzone che vorresti al tuo funerale

"L'Inno alla gioia" di Beethoven. Non voglio pensare al mio funerale come a un giorno triste. Non voglio che il mio ricordo susciti tristezza. Il giorno in cui arriverà il mio momento (e ovviamente spero che sia il più tardi possibile!) vorrei che i miei cari accettassero il fatto che il "momento" in questione doveva essere proprio quello. 

Giorno 25 - una canzone che è un piacere peccaminoso

"Nessun dorma", cantata da Pavarotti. Quando attacca con "Vincerò" è davvero un piacere "peccaminoso"!


Giorno 26 - una canzone che sai suonare con uno strumento
"My heart will go on", Celine Dion. La so suonare con il flauto dolce. Questo è purtroppo l'unico strumento che so suonare! Spero di riuscire a trovare il tempo nel corso della mia vita per riuscire ad imparare a suonare uno strumento tra: il sassofono, la chitarra elettrica, il pianoforte e il violino! Vorrei riuscire in tutti e quattro, mi arrendo alla mia finitezza umana!

Giorno 27 - una canzone che ti piacerebbe suonare

"Just feel better", Santana feat. Steven Tyler

Giorno 28 - una canzone che ti fa sentire colpevole

"The show must go on", Queen.

Giorno 29 - una canzone della tua infanzia

"Posso farcela", di Alex Baroni, tratta dal cartone animato Disney Hercules.

Giorno 30 - la tua canzone preferita in questo periodo un anno fa 

Domanda difficile... neanche mi ricordo cosa ho mangiato a pranzo figuriamoci che canzone mi piaceva l'anno scorso! Avvalendomi dei ricordi di un'altra persona (che mi ha dedicato questa canzone esattamente un anno fa perché sentiva che la ascoltavo sempre) dico "Just the way you are", Bruno Mars. Si, ora che ci penso era davvero la mia canzone preferita! :D


Se siete arrivati fino a qui senza saltare neanche una riga davvero complimenti! Avete avuto fegato!
Vi aspettavate questi gusti un po' forse bizzarri da parte mia? Ho nominato qualche canzone che vi piace o che odiate particolarmente?? Sono curiosa!

venerdì 6 aprile 2012

Quel che Martin Scorsese deve a Pirandello



Prima del Novecento l’uomo aveva focalizzato prevalentemente la sua attenzione sul rapporto tra se stesso e il mondo esterno, senza mai porsi una domanda essenziale: “Chi sono? Sono chi credo di essere o chi appaio?”
Un primo sviluppo del problema si riscontra nella letteratura e, in particolare, uno degli scrittori più attivi sul tema è stato Luigi Pirandello. Infatti, sin dall’inizio della sua attività critica egli ha colto, rappresentato e teorizzato la sua singolare coscienza delle molteplici sfaccettature dell’esperienza e del soggetto.
Questa rappresentazione poliedrica dell’interiorità dell’uomo viene ancor più concentrata con l’avvento del cinema, che, trasformandosi velocemente in una vera e propria industria, si diffonde in Europa e negli Stati Uniti, sviluppando continue sperimentazioni di generi, soggetti, linguaggi e tecniche.
Pirandello è forse tra i primi autori del diciannovesimo secolo a scrivere seriamente e con chiaroveggenza sull’aspetto nascente dell’industria cinematografica. Se egli inizialmente si schiera contro il “mostro cinematografico”, poiché lo considera un’arte che divora la realtà e rischia di divorare l’artista; in seguito ribalta la sua opinione affermando che è proprio grazie al cinema che si può arrivare in maniera più facile e completa ad una “visione del pensiero”. Egli sostiene, infatti, nel suo articolo “Se il film parlante abolirà il teatro”, che il cinema si deve liberare della letteratura e immergersi nella musica…

<<  Io dico la musica che parla a tutti senza parole, la musica che s’esprime coi suoni e di cui essa, la cinematografia, potrà essere il linguaggio visivo. Ecco: pura musica e pura visione. I due sensi estetici per eccellenza, l’occhio e l’udito, uniti in un godimento unico: gli occhi che vedono, l’orecchio che ascolta, e il cuore che sente tutta la bellezza e la varietà dei sentimenti, che i suoni esprimono, rappresentate nelle immagini che questi sentimenti suscitano ed evocano, sommovendo il subcosciente che è in tutti, immagini impensate, che possono esser terribili come negli incubi, misteriose e mutevoli come nei sogni, in vertiginosa successione o blande e riposanti, col movimento stesso del ritmo musicale. Cinematografia, ecco il nome della vera rivoluzione: linguaggio visibile della musica.  >>

Nella produzione di un film il regista non sempre si rifà ad un autore o ad un modello ben preciso, ma è sicuramente grazie all’apporto della letteratura e di autori come Pirandello, che si è giunti a tecniche di ripresa in grado di rappresentare come reale ciò che reale non è e, soprattutto, a costruire un personaggio con il quale ogni uomo può identificarsi.

Martin Scorsese è uno dei registi che, probabilmente senza consapevolezza, si rifà alla lezione pirandelliana.
Nato a Flushing (Long Island), da genitori entrambi operai ed entrambi figli di immigrati siciliani arrivati negli Usa nel 1910, viene istruito secondo i principi della morale cattolica. A 14 anni, sente la vocazione ed entra in seminario, ma cambia immediatamente idea dopo sei mesi. Continua la sua istruzione scolastica iscrivendosi alla New York University, che lo formerà cinematograficamente.
Golden Globe, Oscar, César, David; non c'è premio che non gli sia stato conferito. Considerato un autore sacro e appassionato, ma anche passionario, Scorsese si distinse originariamente per la bizzarria con la quale colpiva lo stomaco dello spettatore, costruendo una filmografia da adorare, un cinema delle solitudini laceranti, un cinema sulle ossessioni, sulle pulsioni autodistruttive.
È senza dubbio uno dei più grandi regista contemporanei.

Uno dei suoi film nel quale è possibile rintracciare caratteristiche prettamente pirandelliane è “Shutter Island”, da lui diretto e prodotto nel 2010.
La trama, complessa ed avvincente, nonché ricca di diversi livelli di lettura, è la riduzione cinematografica dell’omonimo romanzo dello scrittore Dennis Lehane. In confronto al macrocosmo nel quale solitamente getta lo spettatore, quello di Shutter Island è un relativamente piccolo anfratto della mente, nel quale il regista sfrutta l'impianto del thriller per parlare e rappresentare visivamente i recessi più oscuri del cervello, dove si annidano sogni e speranze, traumi e violenza.
Il film è ambientato nel 1954 e racconta la vicenda di due agenti federali, Teddy Daniels (Leonardo DiCaprio) e Chuck Aule (Mark Ruffalo) che sbarcano a Shutter Island, un'isola a largo delle coste del New England interamente adibita a manicomio criminale, per risolvere il caso di una paziente di nome Rachel Soldano (Emily Mortimer) scomparsa misteriosamente. A causa di una violenta tempesta Daniels, che vorrebbe rientrare a Boston per redigere un rapporto contro l'atteggiamento del dottor Cawley, il direttore del manicomio, non può abbandonare l'isola ed costretto a continuare l'indagine. In un crescendo claustrofobico di paranoia Daniels, che è vittima di emicranie e di incubi ricorrenti, si trova ad indagare sull'intera struttura ospedaliera di Shutter Island, cominciando a dubitare di tutto e di tutti.
Per analizzare correttamente la pellicola è necessario scomporre i suoi molteplici strati, la cui superficie più esterna è costituita dalla trama, propria del romanzo stesso di Lehane, ed ha un impianto narrativo classico e tendenzialmente lineare. Intorno a questo soggetto, quindi, Scorsese costruisce un film dalla struttura formalmente assai classica che parte da un enigma, si sviluppa in un'indagine e termina con un epilogo chiarificatore, senza lasciare nulla al caso. La progressione narrativa offre un'alternanza dei ritmi e dei tempi che preparano le atmosfere, dalla vaga suggestione gotica, la caratterizzazione del protagonista intorno al quale ruota l'intera vicenda, le pause di riflessione e i momenti di azione, la costellazione di indizi e la soluzione dell'enigma.
Tuttavia sarebbe riduttivo arrestarsi a questo primo stadio di lettura, poiché, nonostante l’epilogo si possa intuire già a metà film da uno spettatore più attento, Scorsese è in grado di rielaborare l’ordinario e di trasformarlo in qualcosa di straordinario; di costruire un lavoro equilibrato, la cui armonia e completezza garantiscono un ritmo narrativo in continuo crescendo, che permette alla regia di creare una tensione costante ed un'angoscia palpabile sul pubblico. In questa dimensione estetica la sua regia si può analizzare sotto due differenti profili. Il primo riguarda le scelte tecniche volte a coinvolgere lo spettatore, calandolo nella suggestione delle atmosfere tetre ed angoscianti. Il secondo profilo è invece di carattere più prettamente simbolico: la regia sposa la storia narrata valorizzandola attraverso il ricorso agli archetipi propri di quella simbologia, che permea l'intero tessuto narrativo, e li accompagna con dei movimenti di camera che si rendono interpreti delle situazioni vissute dai personaggi.
Martin Scorsese è sempre stato un regista creativo ed innovativo, la cui arte si è districata nel corso degli anni, passando di opera in opera, ricercando nuovi modelli narrativi, capaci di uscire dalla gabbia degli schemi classici e atti a valorizzare ai massimi livelli il talento creativo del regista, che fossero un tramite emotivo diretto fra la storia che si racconta e il pubblico. Egli alterna con sapienza inquadrature panoramiche e campi lunghi a lente soggettive che introducono il protagonista, e il pubblico con lui, all'interno degli ambienti. In questo caso l'angolo dell'inquadratura è sempre spostato dal basso verso l'alto, suggerendo così un senso di incombenza e di minaccia tanto dei luoghi quanto delle persone e rafforzando il senso di claustrofobia già insito nelle scenografie.
Analizzando il film sul piano del significato, il mondo che Teddy Daniels sembrerebbe scoprire a Shutter Island, non è quello formato da una società bigotta e moralista, bensì un girone dell'inferno in cui il governo porta avanti esperimenti segreti sull'essere umano, nascondendosi dietro la facciata di un ospedale psichiatrico criminale. Gli elementi che entrano in gioco sono tantissimi: l'eugenetica, il nazismo, il comunismo, la scienza che assurge a religione, il lavaggio del cervello, la manipolazione delle coscienze. Quello che resta, però, una volta svelato il mistero è un altro elemento: la dicotomia fra la realtà e la percezione della stessa.
Il percorso cui Scorsese invita lo spettatore attraverso l'indagine svolta da Teddy Daniels è un viaggio all'interno di un labirinto di paure.
Così come Freud spiegava la divisione della psiche umana in conscio, preconscio e inconscio attraverso l'immagine dell'iceberg in cui la parte emersa, visibile a tutti, è il conscio, la linea di galleggiamento è il preconscio e la parte sommersa, la più ampia ed imperscrutabile, è l'inconscio; nel film Laddies, la nemesi di Daniels, si nasconde nell'impenetrabile blocco C, una fortezza situata in cima alla scogliera, con interni tetri, imperscrutabili e labirintici: come una forma di protezione dell'intima identità dell'individuo.
Un altro simbolo chiave del film è rappresentato dal faro, fonte di luce che avverte i naviganti dell'incombente pericolo e spezza l'inganno del buio della notte; non è un caso che la soluzione degli enigmi che tormentano Daniels si celi al suo interno. Esso si trova a livello del mare, ossia è sul limen fra l'inconscio e il conscio, non è solo una luce nelle tenebre, ma è un filtro, la transizione fra le due istanze psichiche.

Attraverso una ricerca visiva accuratissima, Martin Scorsese sposa la storia narrata con le immagini. La suggestione è coronata da una vastità di dettagli che spaziano dalle visioni cimiteriali ad una cripta che diviene riparo nella tempesta, alle luci che sono così bianche da accecare, al sangue di un rosso vermiglio, così tipico della filmografia di Scorsese, che si alterna al rosso delle fiamme e al grigio della cenere, saloni austeri e ricchi di decori cupi estremamente gotici, sotterranei umidi e minacciosi dalla struttura labirintica, catene e celle comuni in cui i pazienti sono imprigionati completamente nudi, una scala a chiocciola che conduce alla verità. I flashback si confondono in deliri onirici di una forza straordinaria, dove la leggerezza dei fogli che svolazzano nella stanza del colonnello delle SS di Dachau è immediatamente compensata dal dettaglio di un piede che schiaccia a terra una pistola, dove il dolore per la perdita della moglie si compensa in un abbraccio languido, l'orrore dell'omicidio si cancella nel sorriso di un'apparenza di normalità quotidiana, così artefatta quanto lo è il fumo che viene riassorbito dalla sigaretta che lo sprigiona. Una suggestione “gotica” mai fine a se stessa e ricca di indizi.
Ma non è alla prevedibile soluzione dell'enigma, che Scorsese vuole condurre lo spettatore, né al troppo facile ribaltamento dei ruoli in base al quale tutti coloro che appaiono essere dei mostri in realtà sono solo delle persone che stanno facendo di tutto per aiutare il protagonista.
La terapia psicanalitica ha avuto successo e Daniels ormai ha preso coscienza di sé e del proprio passato. I medici hanno conseguito il loro scopo istituzionale, ossia guarire il paziente. Il cervellotico “gioco di ruolo” creato dal dottor Cawley ha funzionato ed ha obbligato l'Io del paziente ad ammettere ciò che si era nascosto nei meandri del suo Es. Ma Daniels non accetta la propria guarigione: egli si definisce un mostro per non essere stato capace di comprendere a fondo lo stato psicologico della moglie e si fa carico della responsabilità della morte dei suoi figli, benché non sia stato lui ad ucciderli. In realtà egli non si è macchiato di un crimine come quello che già si rimprovera per la strage dei nazisti nel campo di Dachau. Egli ha ucciso sua moglie, ma non l'ha assassinata, l'ha liberata o,  in un'ottica più confacente al quel determinato contesto storico e culturale, l'ha giustiziata. La guarigione lo obbliga ad accettare quella realtà senza più rifugiarsi all'interno di un labirinto di paure e di menzogne. Ma il dolore per lui è insopportabile, al punto di fingersi ancora malato e di sottoporsi ad un intervento di lobotomia, che in questo caso si profila come una rimozione chirurgica della sofferenza. In questa ottica la verità non è un bene e la cura stessa è un male.
La cura comporta l'accettazione di una realtà che il paziente rifiuta e così si trasforma in violenza psichica, in gabbia per l'essere straordinario che deve essere ricondotto all'ordinario, il soccombere della fantasia di fronte alla realtà, conformazione dell'anticonformista, riconduzione del diverso all'uguaglianza.
Alla fine l'indagine compiuta da Scorsese è quella sulla dicotomia fra la realtà e il modo in cui essa è percepita e filtrata.
Il mondo visto da un folle è forse meno reale di quel mondo che vedono le persone "normali"?
Scorsese indaga sulle lacerazioni interne all'animo dell'uomo prodotte dalla necessità di dover scegliere fra ciò che si desidera e ciò che si deve fare, fra il bene e il male, fra il giusto e lo sbagliato. L'uomo è combattuto, dilaniato e sofferente.
La lobotomia è una sconfitta per i medici, ma è la scelta di Daniels. E qui è in gioco un principio etico superiore: il diritto di disporre di se stessi. Il diritto di scelta del paziente è stato violato dai medici che lo hanno obbligato a guarire. L'uomo non ha più il diritto di scegliere che cosa sia meglio o peggio per lui: è la società ad imporgli quello che essa reputa essere la cosa migliore.

L’enorme contributo di Pirandello si riscontra proprio facendo l’analisi di una pellicola. Nel caso di “Shutter Island”, ad esempio, è possibile rintracciare analogie sia con le tecniche narrative utilizzate dallo scrittore agrigentino, sia con le tematiche da lui trattate nelle sue opere.
Dal punto di vista della tecnica la somiglianza si può riscontrare, prima di tutto, nelle inquadrature, tendenti ai primi piani e alle riprese dal particolare ad una visione più generale dell’ambiente; inoltre, nel vasto utilizzo del monologo, che avviene ad alta voce ma ha le medesime caratteristiche del monologo interiore dei personaggi pirandelliani.
Analizzando il piano del significato, è possibile mettere in evidenza soprattutto due tematiche, molto care a Pirandello e che vengono fuori nel film in maniera a dir poco lapalissiana, ossia il conflitto realtà-apparenza e la follia, due motivi tra loro interdipendenti, riscontrabili principalmente in due sue opere: “Uno, nessuno, centomila” e “Enrico IV”.
Il conflitto realtà-apparenza rappresenta il filo conduttore del film e del romanzo “Uno, nessuno, centomila”.
Vitangelo Moscarda mette in dubbio se stesso così come Teddy Daniels inizia a dubitare di sé, confinando così entrambi, in maniera diversa, con la pazzia.
 
“la realtà che ho io per voi è nella forma che voi mi date; ma è realtà per voi e non per me; la realtà che voi avete per me è nella forma che io vi do; ma è realtà per me e non per voi; e per me stesso io non ho altra realtà se non nella forma che riesco a darmi. E come? Ma costruendomi, appunto. […] Io mi costruisco di continuo e vi costruisco, e voi fate altrettanto.”

Vitangelo Moscarda, prima di guardare, come se fosse la prima volta, la sua immagine riflessa, si era crogiolato nell’opinione che gli altri avevano di lui senza riflettere sull’enorme differenza tra ciò che si è realmente e ciò che si appare, arrivando a dubitare di essere “un” individuo, distruggendo tutti gli stereotipi creati su di lui e diventando un “nessuno” e giungendo alla conclusione che era “centomila”, perché ognuno, compreso egli stesso, avevano un’opinione diversa su chi lui fosse. Egli viene considerato pazzo nel momento in cui, per annientare le varie opinioni che tutti si erano fatti di lui, compie degli atti, più o meno clamorosi, totalmente fuori dagli schemi entro i quali egli aveva vissuto fino a quel momento.
Teddy Daniels crede di essere “un” agente federale mandato sull’isola per risolvere il caso, ma, procedendo con le indagini, inizia a dubitare di sè e, in preda alla confusione, perde se stesso, diviene un “nessuno”, infine capisce di essere stato, e di essere, “centomila”, perché è stato un soldato liberatore a Dachau, un padre e marito affettuoso, un agente federale, un pazzo rinchiuso in un manicomio.
I tormentati pazienti dell'istituto sono presenze inquietanti la cui follia è spesso la visione più “lucida” della realtà con cui Teddy viene a contatto nel corso del film. Eppure, come fare a rimanere lucidi quando si è circondati da folli? Come poter essere certi di non aver varcato quella sottile linea che divide la sanità mentale dalla pazzia? 

Pirandello scrisse “Trovarsi davanti a un pazzo sapete che significa? Trovarsi davanti a uno che vi scrolla dalle fondamenta tutto quanto avete costruito in voi, attorno a voi, la logica di tutte le vostre costruzioni”.

Un prototipo di pazzo è fornito da Pirandello anche nella sua opera teatrale “Enrico IV”.
Così come il giovane nobile protagonista che, durante una cavalcata in maschera era caduto da cavallo mentre stava impersonando il  personaggio di Enrico IV e, battuta violentemente la testa, si era risvegliato credendo di essere veramente l’imperatore di Germania, assecondato da parenti ed amici, che allestiscono la sua villa come fosse la reggia del sovrano; così anche Teddy Daniels si è creato una doppia personalità per proteggersi dalle brutalità commesse.
Il momento in cui il dottor Genoni decide di inscenare una farsa per far rendere conto al protagonista di non essere Enrico IV, è paragonabile al gioco di ruolo che il dottor Sheehan crea per far tornare alla realtà Daniels, ossia Andrew Laeddis.



L’Enrico IV è un testo molto denso, che esprime la convinzione che tutti siano pazzi e che la pazzia sia una scelta quasi obbligata dalla necessità di avere un posto in un mondo che non è fatto per noi : non a caso Enrico IV affermerà, parlando con i suoi servitori, di aver finto di essere ancora pazzo perché, rinsavito, aveva scoperto amaramente di essere arrivato “con una fame da lupo ad un banchetto già bell’e sparecchiato”, riferendosi a quei dodici anni mai esistiti per lui e goduti dagli altri . La decisione, dunque, di ritornare nel limbo - prigione della pazzia è dettata dalla constatazione che nel mondo non c’è più posto per lui . Enrico IV, così, si può leggere come la tragedia dell’emarginazione umana in un alternarsi conscio di finzioni che coinvolge lo spettatore come di fronte ad un gioco di specchi .
Allo stesso modo anche Andrew Laeddis decide di rimanere Teddy Daniels. L’ultima battuta da lui pronunciata è: "Cosa sarebbe peggio: vivere da mostro o morire da persona per bene?"

giovedì 5 aprile 2012

W le vacanze!

Essere in vacanza è la cura migliore a tutte le "malattie", fisiche e psichiche. Già dopo un solo giorno ho riacquisito un po' di salute che in questi giorni si era del tutto prosciugata, obbligandomi ieri pomeriggio a una dormita infinita! Dopo molte ore di sonno alle spalle posso finalmente dirmi soddisfatta!
Purtroppo dopo una stupenda giornata di ozio domani dovrò imboccarmi di nuovo le maniche e darmi al mio amato studio, che non manca mai e mi tiene sempre amorevolmente compagnia!
Queste sono le ultime vere e proprie vacanze prima degli esami. Poi ci sarà qualche giorno sparso qua e là, nulla di più!
Devo anche iniziare ad organizzare in maniera più sistematica la mia tesina, ero partita in quarta e ora per vari motivi sono praticamente a zero!
Domani posterò la relazione che ho scritto per il convegno pirandelliano che si è tenuto ad Agrigento a dicembre: ho intenzione di inserirla nella tesina perchè è un lavoro scritto in una sola notte e di cui vado molto fiera... sono curiosa di sapere il vostro parere!
Comunque vado a letto che domani la sveglia suonerà abbastanza presto per permettermi di fare più cose possibili!

Buona notte!

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